Sono stato sulla sua tomba a portarle un fiore. Non quella monumentale su Ponte Garibaldi, che è solo una targa in suo nome, ma quella civile, il piccolo colombario in una cappella remota di Prima Porta dove riposa Giorgiana Masi, la studentessa che fu uccisa da un poliziotto in borghese durante una manifestazione a Trastevere nel '77.
Francesco Kossiga, ministro dell'interno e capo della polizia, poi indegno presidente della Repubblica: "Lasciarli fare. Ritirare le forze di Polizia dalle strade e dalle Università, infiltrare il movimento con agenti provocatori pronti a tutto, e lasciare che per una decina di giorni i manifestanti devastino i negozi, diano fuoco alle macchine e mettano a ferro e fuoco le città. Dopo di che, forti del consenso popolare, il suono delle sirene delle ambulanze dovrà sovrastare quello delle auto di Polizia e Carabinieri. Nel senso che le forze dell’ordine non dovrebbero avere pietà e mandarli tutti in ospedale. Non arrestarli, che tanto poi i magistrati li rimetterebbero subito in libertà, ma picchiarli e picchiare anche quei docenti che li fomentano. Soprattutto i docenti. Non dico quelli anziani, certo, ma le maestre ragazzine sì… questa è la ricetta democratica: spegnere la fiamma prima che divampi l’incendio."
Alla storia di Giorgiana, io e Francesco "Baro" Barilli abbiamo dedicato tre pagine di fumetto, fuori ora sul numero 18 di Antifanzine. L'abbiamo intitolato "Un fiore per Giorgiana Masi". È poco, meno di una goccia nel mare.