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[in basso: Simone Lucciola tout court]

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giovedì 31 gennaio 2019

Bastimento carico di Santissimi - settima puntata: Francesco De Gregori, Debbie Harry, Piero Ciampi

Il Principe è un soprannome che non m'è mai piaciuto: coniato da Lucio Dalla, lo connota un po' come moderato, elegante e senza nerbo. Invece ha scritto - nella prima parte della sua carriera - dischi universalmente belli con cui sono cresciuto (due Lp e un Qdisc, per la precisione), e da giovane somigliava davvero un po' al Bufalo Bill della canzone dove Ivan Graziani suona la chitarra elettrica, non accreditato. Così lo voglio dunque Santissimificare: scarmigliato, barbuto, già precocemente stempiato, con una sciarpa quasi della Roma. Francesco De Gregori, altro pezzo per la collezione del mio amico e aficionado Andrea Polidoro.

Perché poi Bufalo Bill tra la vita e la morte abbia scelto l'America se lo chiedeva senza darsi una gran risposta anche Andrea Pazienza: secondo me, se volete la mia, solo perché ci era nato.


Scopro finalmente una torta pronta dagli ultimi del fottuto 2018.
È un'icona punk ed è una delle donne più fotogeniche del mondo, ma per qualche arcano motivo non avevo ancora mai sviluppato la mia adorazione in un Santissimo. Finché il mio amico Alex Dusty (Giuda, Teenadelic Records, Junkie Business) non mi ha chiesto una Debbie Harry per Sabrina, a cui sembra sia piaciuta la nostra scelta di scantonare come sempre: primo piano decisamente già anni ottanta, conversione in arancio del celeberrimo biondo Blondie, occhi verdi come gli originali ma di un verde più definitivo.
Anche qui sarebbero possibili - per decade - Santissimi su Santissimi su Santissimi dello stesso soggetto. Mentre ci pensavo ascoltavo il classico "Plastic letters". Se a qualcuno dovesse interessare, rendo noto che "Panic of girls", del 2011 e primo disco della reunion, mi è piaciuto un casino.


"Noi per nutrire l'amore
ci sfidiamo a duello,
sarà sempre così.
Ma amore, non esiste un nemico
più bello di te".

Questo secondo Piero Ciampi duellante, giocato tutto sui verdi (e un immancabile ottanio), è per Matteo Favale, che ringrazio di cuore per la pazienza con cui mi ha atteso mentre scartabellavo gli archivi alla ricerca di una posa del nostro unico poeta-cantautore italiano che mi sembrasse Santissima.

Nel realizzarlo, ho riascoltato a manetta "Dentro e fuori", concludendo che è senza dubbio il più bello (forse perché l'ultimo) dei suoi dischi non postumi, mentre la sera cadeva come uno squalo tra due margherite.

Se la cosa dovesse contribuire a portare ancora un po' avanti questo squallido imbroglio tra la vita e la morte... allora ben venga.

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